Lettera d'amore – Telecamera di sicurezza

Roma. 23 dicembre

 

Stanotte ho desiderato fortemente di essere la telecamera di sicurezza di un ascensore che vede due perfetti sconosciuti entrare nello stesso momento, con le labbra serrate e le espressioni impazienti.

Se lo fossi stato, avrei cercato della sabbia sulle loro scarpe, quella di chi si è appena trovato davanti al mare dopo un’altra delusione. Con le rotelle del cuore allentate per aver donato delle rose a chi gli ha lasciato soltanto le spine. Poi avrei posto l'attenzione sui loro volti per scovare quelle occhiaie che non abbandonano mai le menti che la notte vanno a cento all’ora e non riposano. Lì, ora come all’alba quasi fumante, una di loro merita tutti i confronti intensi che ha sognato: aggrapparsi a delle braccia, essere coccolata ancor prima di essere sfiorata e sentirsi come un’adolescente che ascolta i battiti acerbi del suo cuore accorgendosi poi una donna consumata dal desiderio.

Infine avrei guardato i palmi delle loro mani, feriti dai pugni chiusi come chi non si perdona di non aver pulito l’angolo delle labbra del proprio amante dalle ultime briciole, divorato la sua bocca con gli occhi, perché ora muore di fame e non gli resta che bere parole e mangiare la sagoma di vecchie frasi sussurrate in quel letto.

Ho desiderato di essere la telecamera di sicurezza di un ascensore semplicemente per osservare con discrezioni chi, anche per pochi secondi, si veste di sola distrazione.

 

Non so di chi, 

R

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