25 aprile: voci, scelte e radici della libertà
Nel 1963, Oriana Fallaci incontrò Natalia Ginzburg per un’intervista destinata all’“Europeo”. Parlano di letteratura e dei figli, certo. Ma inevitabilmente il discorso scivolò su Leone – marito di Natalia, torturato fino alla morte nel carcere di Regina Coeli – e sul ricordo di quei giorni bui in cui lei gli portava da mangiare quel che riusciva a trovare. Gli aveva consegnato delle uova, non proprio fresche, due giorni prima che morisse. Per mesi la Ginzburg si straziò al pensiero che potessero averlo ucciso proprio quelle. Non sapeva che il marito, le uova, non poteva nemmeno metterle in bocca: gli avevano spaccato la mascella a furia di botte e il suo cuore smise di sopportarle. Ascoltando, Oriana strinse le unghie nei palmi e ricordò gli scampanellii improvvisi, le corse in bicicletta con i messaggi da inghiottire se fermata, l’arresto del padre, la paura di quei giorni – dall’armistizio alla Liberazione – in cui la quotidianità era fatta di episodi così.