Racconto sul destino – Copertina bianco latte

Vicolo di Roma con arco, la luce di un lampione in fondo e una serie di motorini parcheggiati. Il vicolo è completamente deserto.

Il caldo afoso di una notte di fine luglio avvolgeva Roma, trasformandola nella meta perfetta per i silenzi e i solitari. Marco, un uomo sulla trentina, decise di fare una passeggiata per sfuggire alle mura asfittiche del suo appartamento e godersi i vicoli del centro città che preferiva di gran lunga al più affollato Lungotevere. Il venticello mite gli accarezzava il viso e il destino, in quelle stradine deserte, gli regalò un incontro speciale.

Su una panchina sedeva a gambe incrociate una giovane donna con un libro in grembo e le mani sul volto. Piangeva e le stelle sembravano danzare nel riflesso delle sue emozioni.

Marco si fermò a una certa distanza e pensò subito di girare i tacchi ma, al contempo, era spinto a lei da non so quale forza d’attrazione. Avvicinandosi con rispetto, notò che il libro aveva una copertina bianco latte completamente vuota.

Finalmente lo sguardo di lei incrociò quello di Marco, e lì, in quell’istante, smisero di essere due semplici estranei. Senza esitare, si sedette accanto a lei.

“Una crisi alla Zelda Fitzgerald?” provò a sdrammatizzare lui, riuscendoci.

Si presentarono. Lei si chiamava Giada e, in un valzer di aeroplani, ognuno aprì la propria mente all’altro per ore con una intensità e una complicità del tutto eccezionale tra due sconosciuti, come se l’universo avesse intrecciato i loro destini in quella calda notte romana. Un forte miagolio di due gatti che si azzuffavano, però, fece rendere conto a Giada di quanto fosse tardi e Marco si offrì di accompagnarla verso casa, facendosi promettere che la notte seguente si sarebbero ritrovati nello stesso posto.

Giada sembrava essersi totalmente ripresa dalla tristezza di qualche ora prima e, camminando, Marco glielo fece notare. In un attimo la bolla che si era creata intorno a loro scoppiò. Come uno studente distratto richiamato all’attenzione, lei quasi sobbalzò e freneticamente guardò a destra e a sinistra.

“Sono praticamente arrivata. Sei stato gentilissimo ad accompagnarmi” disse, prima di sgattaiolare dietro l’angolo.

Cosa aveva detto per farla reagire in quel modo? Si era forse resa conto del livello di confidenza che avevano raggiunto in così poco tempo e ne è rimasta spaventata? D’altronde avevano parlato delle loro passioni, dei loro sogni come due migliori amici. E poi perché si trovava lì? Perché piangeva?

Queste erano le domande che, per tutto il giorno seguente, rimbombarono nella testa di Marco e solamente la paura di non vederla più riusciva a fargli distogliere l’attenzione da quel libro. Era sicuro c’entrasse qualcosa.

 

Giada lo stava aspettando. Indossava una gonnellina a pois bianchi e aveva i capelli ricci raccolti in una coda; in mano teneva una busta di cornetti caldi. I pensieri di Marco lo abbandonarono non appena la vide.

“E questi da dove saltano fuori?” chiese lui, accettando quello al cioccolato fondente che gli stava offrendo.

“Conosco un laboratorio notturno proprio qui vicino”.

Si godettero i cornetti e giocarono con lo zucchero a velo come due bambini a ricreazione .

Mentre si puliva gli angoli della bocca con un fazzoletto, Marco notò che Giada lo stava guardando con intensità.

“Ti sarai accorto che mi sono comportata in modo strano, mentre passeggiavamo verso casa…” iniziò.

“Dimmi la verità. Ha a che fare con quello strano libro che avevi con te?”

Giada cercò le parole dentro di sé per qualche secondo e poi confessò che ogni pagina riusciva a portarle alla mente una cara persona che aveva perso. Non lo guardò mai negli occhi mentre parlava.

Marco ridusse ancora di più la distanza dalla sua amica per darle conforto e le confidò dolcemente: “Anch’io ho perso qualcuno a cui tenevo molto. So quanto possa essere difficile ricominciare tutto.” Aggiunse poi che un libro in grado di penetrare a fondo nell’esperienza personale di una persona doveva essere veramente meraviglioso, quindi le chiese quale fosse il titolo. Lei annui e sussurrò che non si trattava di un libro famoso.

“Ce l’hai qui con te oggi?”

“Non capisco perché ti interessa così tanto. Quel libro appartiene a me!” esclamò Giada balzando in piedi, con gli occhi iniettati di sangue.

Marco non sapeva cosa dire e balbettò qualche scusa. Non voleva essere invadente; si erano già confidati i loro romanzi preferiti e quelli che consideravano solamente loro, con cui avevano un legame particolare.

Giada lo salutò bruscamente con una scusa e il giorno dopo Marco non trovò altro che le briciole di sfolgia sulla panchina ad aspettarlo.

Per molte sere sedette con Roma come unica compagna, complice della sua infelicità, che sembrava avvolgerlo in un abbraccio caldo quanto infelice. Forse l’aveva persa per sempre. Non l’avrebbe più rivista? Le stelle scintillavano come speranze lontane, eppure Marco voleva solo condividere ancora quel posto speciale, dove poteva essere sé stesso senza paure né limiti.

Si chiese dove si trovasse lei: forse stava cercando di allontanare il dolore che lui aveva accidentalmente scatenato oppure guardando faccia a faccia un mostro misterioso, ormai l’unica tessera che mancava a Marco per completare il puzzle della vita di Giada.

Se ne stava andando anche agosto e, con lui, sfumava via l’estate. Con fare disilluso, quella sera Marco decise di non fermarsi, di proseguire la passeggiata come era solito fare prima di incontrarla. Non trovò le sensazioni che ricordava però: in ogni vicolo cercava una voce che non arrivava mai. Aveva la testa bassa e calciava i sampietrini.

“Ah look at all the lonely people...” gli sembrò di udire da lontano. Si svegliò dal sonno dei suoi pensieri e iniziò a seguire quei dolci Beatles per capire da dove arrivassero.

C’era una sola finestra socchiusa nel cuore di quella città dormiente: da lì, oltre alla musica, proveniva un meraviglioso odore di burro e vaniglia. Marco vi si appostò sotto e, come da bambino quando leggeva le parole sulla copertina di Revolver, prese a canticchiare Eleanor Rigby.

Da quell’unica finestra viva apparve Giada e ciò che li aveva allontanati divenne un ricordo dissolto nel cielo scuro; la loro connessione speciale si ristabilì all’istante. Iniziarono a parlare come se si fossero dati appuntamento e le parole fluivano con leggerezza; nell’aria si sentiva un’atmosfera di rinnovata intimità.

“Hai scoperto anche il mio segreto: ho una passione per la pasticceria. I cornetti che hai assaggiato sono stati fatti da queste mani” disse, ad un certo punto, alzandole entrambe.

“Non credo nemmeno sia l’unico di segreto”. Giada guardò in alto, poi in basso ma non ebbe il tempo di rispondere. “Vorrei che tu mi leggessi un passo di quel libro”.

“Sali, sono quasi pronti i pan suisse che ho preparato”.

Finestra socchiusa e illuminata da una lampada all'interno.

Con le mani ancora profumate di farina e cioccolato, Giada mise una foto davanti agli occhi di Marco. Era lei abbracciata a un altro uomo.

“Con David ci siamo conosciuti e innamorati due anni fa. Ha iniziato a lavorare al suo romanzo proprio nei primi mesi di frequentazione”.

Gli raccontò tutto: la loro storia d’amore, la casa che avevano comprato insieme, i progetti che avevano in mente fino alla scoperta del male che, in poche settimane, avrebbe trascinato via David insieme alla loro felicità. Disse a Marco del romanzo che aveva visto nascere e assemblarsi capitolo dopo capitolo, mostrandosi sempre più pronto alla pubblicazione e al successo, ma che David voleva tenere per sé.

“Fino agli ultimi istanti ho provato a fargli cambiare idea ma infine mi sono arresa: gli ho promesso che l’avrei tenuto gelosamente nascosto al mondo e che ogni mese l’avrei letto di nuovo sulla panchina su cui ci scoprimmo innamorati. La sera in cui mi ha vista ero lì per questo motivo, per farmi accarezzare dalle sue parole e sentirlo accanto a me. Poi sei arrivato tu e per la prima volta ho dimenticato il motivo per cui mi trovavo lì; senza chiederci niente, ci siamo regalati del tempo puro e genuino. Mi sono chiesta spesso se è sembrato strano anche a te l’affiatamento che abbiamo avuto quel giorno. Ero felice di sentirmi felice ancora ma quando mi hai fatto quelle domande sul romanzo di David ho ripreso contatto con la realtà e ho avuto paura.

La mia storia ora è di fronte a te. Non mi aspetto il tuo perdono ma spero che possa finalmente comprendere le mie decisioni”.

Il racconto di Giada lasciò Marco senza fiato, la sua mente girava forte in un turbinio di sensazioni. Osservò il volto di lei, cercando di comprendere la complessità delle sue esperienze ed emozioni. Avrebbe voluto trovare i termini corretti, ma si rese conto che nulla avrebbe potuto lenire completamente la sofferenza di Giada o dare una spiegazione a ciò che aveva vissuto.

Era confuso: riconosceva l’amore per David in quell’eterna fedeltà ma conosceva anche l’animo dello scrittore, che gode se il suo prodotto piace e soffre del contrario. La curiosità per le pagine nascoste da quella copertina color latte cresceva sempre di più ma non poteva di certo insistere; aveva la sensazione di avere anche lui una promessa da mantenere ormai.

Lo sguardo di Marco era fisso in quello di Giada quando lui posò una mano sulla sua spalla con un gesto delicato, trasmettendo una vicinanza silenziosa, un segno di perdono e comprensione senza bisogno di parlare. Entrambi erano d’accordo che il loro rapporto poteva essere la salvezza per entrambi: un lunatico e romantico pensatore troppo solo e una donna che, inconsciamente, cercava di trovare la serenità al di fuori di David ma si ritrovava a portare ogni cosa ai piedi di lui.

Era ormai l’alba e, senza accorgersene, si addormentarono sul divano, col vecchio disco che girava a vuoto e la cucina da pulire. Marco si svegliò per primo e, guardando Giada accucciata nell’altro lato del divano, si rese conto che erano crollati nel sonno. Con passi leggeri si alzò per cercare il bagno. Trovò invece una stanza in cui il tempo sembrava essersi fermato: era lo studio di David. Libri in ogni dove, fogli di carta con appunti e bozze, una scrivania disordinata e una comoda poltrona in pelle marrone consumata. Marco era bloccato sulla porta, non osò fare un passo avanti.

stanza con numerosi scaffali pieni di libri. Al centro una comodissima poltrona di pelle marrone.

“Oggi è il giorno” sussurrò Giada alle sue spalle che si era svegliata.

Marco si voltò verso di lei e la vide indicare un calendario da muro. 29 agosto. Era passato un mese esatto da quando l’aveva vista col volto tra le sue mani.

La sera venne lentamente nonostante le giornate fossero già troppo corte. Marco e Giada arrivavano da due direzioni opposte ma potevano sentire i passi dell’altro come il loro battito accelerato. Si sederono sulla loro panchina, immersi nel silenzio. Lui aveva le mani strette nervosamente tra loro, lei con entrambe teneva il libro.

Lo lessero senza dire una parola. Lei sfogliava le pagine proprio quando l’avrebbe fatto lui; assaporarono e si godettero ogni scena e ogni dialogo. Le parole prendevano vita, danzando davanti ai loro occhi, mentre le immagini si formavano nella loro mente con nitidezza. Marco stringeva Giada a sé ogni qual volta capiva che esisteva, nei personaggi femminili, una corrispondenza con il carattere, il corpo, il modo di esprimersi di lei. Piansero. Divorarono quel romanzo di cui nessuno avrebbe sentito parlare e che nessuno avrebbe criticato o elogiato, un bambino nato e cresciuto solamente nei progetti di una madre impaurita dal corpo che cambia e dalle nausee.

Infine Giada lo chiuse con delicatezza e lo posò sulle gambe di Marco, guardandolo dal basso verso l’altro con gli occhi di chi sta donando tutto ciò che ha di meglio da offrire. Lui capì tutto.

Lo prese in mano e lo studiò ancora un po’, soffermandosi sulla dedica:

 

A Giada, ai ricordi di noi in ogni angolo, in agguato dentro di noi. A tutte le strade che mi riportano a Giada, sotto le sue finestre, le luci spente, gli infissi chiusi.

 

Lo richiuse. Lo avrebbe preso in mano ancora con lei il mese successivo, e poi quello dopo ancora, e ancora.

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Commenti

Stefania
un anno fa

Complimenti un racconto bellissimo, curato nei particolari molto emozionante.

Il giardino delle lettere
un anno fa

Ti ringrazio molto!

Giovanna
un anno fa

Complimenti bellissimo racconto bravo

Il giardino delle lettere
un anno fa

Grazie mille!

Tina
un anno fa

È da tanto che non leggo
Ma questo l ho letto volentieri , volevo scoprire come finisse
E poi è scritto in maniera semplice e avvincente
Bravo Riccardo 🤩🤩

Il giardino delle lettere
un anno fa

Mi fa molto piacere. Grazie!

Maria
un anno fa

Molto emozionante, complimenti

Il giardino delle lettere
un anno fa

Grazie davvero!!