Racconto sull'infatuazione – Piacere, Edoardo

Quando qualcuno vuole sapere di più su di me, in modo spontaneo inizio a raccontare, sempre la stessa. In qualche modo è una storia su un amore che segna, che fa fare cose incredibili, che si può spegnere all’improvviso come un fuocherello con una secchiata d’acqua, ma al quale non si può che tendere per tutta la vita. O almeno sulla sua fine.

Disegno i tratti di Edoardo e Camilla e le sfumature del loro sentimento che, fatto di alti e bassi, si nutriva e di genuinità e rispetto. Avevano da poco trovato il loro equilibrio, nonostante la pandemia li avesse fatti vivere lontani quasi due mesi. Non persero la loro quotidianità però: erano consumatori incalliti di serie tv, che facevano partire in contemporanea e interrompevano quando uno dei due doveva prendere l’acqua o fare pipì. Discutevano su trame e colpi di scena; Edoardo era geloso di un protagonista che tanto piaceva a Camilla.

Stavano anche progettando le vacanze estive, sviluppi pandemici permettendo: desideravano così tanto passare una settimana ad arrostirsi al sole con il telefono staccato per recuperare il tempo che il mondo aveva tolto loro. In fin dei conti però, è così strano abbandonare certezze per inseguire fantasmi? Proprio un fantasma entrò presto nella vita di quei due, sotto forma di un vestito di seta bianco che cade su una pelle abbronzata.

Per la prima volta dopo quella lunga primavera di lockdown, Edoardo era uscito con i suoi amici a bere qualcosa ed è difficile descrivere cosa provò osservando quelle spalle delicate girate al bancone. Rimase folgorato, come se un bagliore improvviso avesse illuminato un angolo segreto del suo cuore. Fino a un istante prima, i pensieri di Edoardo erano intrecciati unicamente con il nome di Camilla, la dolce melodia che aveva risuonato indisturbata nella sua mente per tutto quel tempo. Ma quella sera ascoltò una musica nuova, mentre seguiva il sorriso e gli occhi della ragazza intenta a ridere e scherzare. Si sa, le storie e le persone assumono una piega perfetta nell’immaginazione, modellandosi secondo le voglie e le speranze di chi le vagheggia. Quando Edoardo rimase da solo nel suo letto, iniziò a dipingere una serie di quadri mentali meravigliosi in cui ogni piccolo dettaglio di lei era un tesoro prezioso, un motivo di sorrisi segreti e sognanti. E fu così anche il giorno dopo e quello dopo ancora, mentre ogni pensiero per Camilla sembrava sbiadire, incapace di reggere la fiamma ardente che si era accesa al centro del petto di Edoardo; la fortezza d’amore che avevano costruito insieme iniziò a sgretolarsi sotto quei colpi delicati ma irresistibili, senza che nessuno dei due potesse farci nulla.

La confusione e il dolore si mescolavano nello sguardo di Camilla quando osservava Edoardo, come se ormai tra di loro ci fosse un vetro, come se si trovasse di fronte a un enigma senza risposta, incapace di comprendere come un sentimento del genere potesse spegnersi in un attimo. Ogni gesto, ogni parola sembrava un eco lontano di ciò che avevano condiviso. Si chiedeva se fosse stata colpa sua, se avesse fatto qualcosa di sbagliato, ma nessuna risposta sembrava essere sufficiente a dare un senso a ciò che stava accadendo. Cercò teneramente di recuperare i frammenti di ciò che era il loro amore ma, come un vaso in mille pezzi oltre ogni possibilità di riparazione, i cocci si rifiutavano di tornare insieme, lasciando solamente una triste scia di nostalgia e rabbia.

Intanto Edoardo sembrava immerso in un mondo parallelo, una dimensione in cui Chiara, la pelle olivastra a cui aveva finalmente dato un nome, era la luce che guidava ogni suo passo. Tutto ciò che aveva creato nella sua mente era diventato una ragione di vita, un bel sogno che lo avvolse in una confortante illusione di felicità. Il fiore di Camilla appassiva sempre di più, diventando un riflesso lontano fuori dalla sua portata. Chiara era il termine di paragone di tutto ciò che fino a quel momento aveva provato e questa nuova storia d'amore, non esistendo, vinceva sempre.

Camilla si rese conto del velo di incanto che ormai proteggeva Edoardo; era giunto il momento di lasciarlo andare. Il loro legame non si sciolse, venne reciso con decisione. Una fine silenziosa, segnata dall’incredulità. 

Edoardo continuò a vivere nel suo universo duale, in bilico tra realtà tangibile e allucinazione. Aveva visto Chiara solamente qualche volta ma ne aveva costruito la voce, le passioni, gli ideali. Le conversazioni che sognava erano le sue fasi più intime, momenti in cui le parole danzavano al ritmo dei suoi desideri, creando fiamme che bruciavano con un’intensità mai vista prima. Persino la gelosia si faceva strada nel petto di Edoardo, un’ombra che oscurava quell’eden perfetto. Ogni segno di affiatamento che percepiva con un suo amico faceva nascere un brivido di inquietudine, una paura di essere escluso da quel magico cerchio che aveva tracciato attorno a lei. A volte si perdeva in labirinti di sospetti, immaginando la sua presenza accanto a qualcun altro, alimentando un altro tipo di ardore che lo divorava dall’interno.

Il tempo comunque danzò all’inesorabile ritmo del destino, e le fantasticherie che Edoardo aveva tessuto si scontrarono con un’inevitabile scoglio. Un giorno, quando si presentò all’ennesimo appuntamento fiabesco con Chiara, si rese conto che il suo cuore non batteva più all’unisono con la messinscena che aveva realizzato. Stavolta l’affiatamento mancò, le immagini si affievolirono, e per la prima volta, Edoardo si svegliò e trovò di fronte a sé un immenso vuoto. Le chiacchierate inventate, le sorprese ideate e i regali solo pensati persero il loro potere, come decorazioni sfocate in una dimensione che aveva smarrito la sua magia.

Voleva qualcosa di più. Desiderava ardentemente trasformare il sogno in realtà, sentire la vera essenza di Chiara. Aspettava il momento giusto per farlo, ma non ne era spaventato: in fondo, non conosceva già ogni sfumatura di lei? Per Edoardo significava solamente tradurre tutto nei confini della vita reale.

Ma la realtà ha spesso modi sorprendenti di sfuggire alle previsioni studiate a tavolino. Edoardo aveva preparato la sua mossa nello stesso locale in cui vide Chiara per la prima volta. Lei era di nuovo voltata di spalle, stavolta solissima. Edoardo si avvicinò, cercando di nascondere l’agitazione che premeva il suo cuore tra le costole, e trovò una battutina per attaccare bottone. Parlò con lei, ci scherzò, bevvero tutta la sera insieme. Edoardo però sudava freddo e finse ogni sorriso.

Tutto ciò che aveva vagheggiato si rivelò essere una sorta di miraggio, un fantoccio creato da lui stesso; un guscio perfetto di un frutto di mare ormai morto che, una volta aperto, si rivela solo pieno di sabbia.

Passò svariati momenti con Chiara e ogni volta era un momento di profonda confusione per Edoardo: si sentiva smarrito come un sognatore che finalmente accende la luce e tutto gli sembra più chiaro. Chiara, la sua Chiara, non era altro che un prodotto della sua fervida immaginazione, una creazione irreale che si sbriciolava davanti ai suoi occhi. Edoardo si era illuso e la realtà lo stava punendo con tutta la sua cruda sincerità. Aveva perso tutto, distrutto la bella storia con Camila solo per inseguire un’ombra inavvicinabile. Si trovava in un punto senza ritorno o via di scampo, in bilico tra un passato che non poteva recuperare e un futuro che non era quello per cui aveva fatto all-in.

Si distrusse con le sue mani; un Tancredi d’Altavilla che dà la morte all’unica padrona del suo cuore e poi quasi ne muore a sua volta dal dolore, non rinsavendo più.

 

Ragazzo sul letto di spalle con le spalle basse e l'atteggiamento pensieroso, forse triste.

Narro questa storia perché mi risulta molto più semplice togliere i vestiti del protagonista in prima persona e osservarmi da una prospettiva esterna, per essere lucido e scostare il velo dai miei errori. A volte rido di me stesso, altre mi faccio quasi tenerezza, e talvolta, mi ritrovo a cercare ansiosamente di giustificarmi.

Una volta finita, finalmente mi presento: Edoardo, il soldato con le spalle gravate da fardelli immani, con le ferite dei duelli più feroci, combattuti contro  l’avversario più implacabile che lascio svelare a Giacomo Leopardi: “… e lasciarmi alla malinconia, e lasciarmi a me stesso che sono il mio spietatissimo carnefice.”

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Commenti

Rosa Magnotta
un anno fa

Molto bello!!Complimenti Riccardo 😘

Il giardino delle lettere
un anno fa

Grazieeeeee😍

Maria
un anno fa

Anche questo mi ha molto emozionato, talvolta la sicurezza perde fascino, e l' incognito ci affascina. Bravo Riccardo

Il giardino delle lettere
un anno fa

E a volte si pagano le conseguenze di questo fascino…

antonio.piccolella
un anno fa

Complimenti 👍👍👍

Il giardino delle lettere
un anno fa

Grazie mille!

Valeria
un anno fa

Coinvolgente,mi sono letteralmente immersa nel racconto dando un'immagine a ogni singola parola.Bravo Riccardo

Il giardino delle lettere
un anno fa

Grazie, grazie, grazie!

Alessandra Conti
un anno fa

Caro Riccardo, questa storia meravigliosa, scritta con il cuore, credo sia lo specchio della tua ancora giovane esperienza. Ti vedo dentro Edoardo e Camilla potrebbe essere: Ele. Forse mi sbaglio? Continua così, mi fa piacere leggerti. Un abbraccio

Vincenza
un anno fa

Riccardo complimenti, è bellissimo, emozionante, tenero...😘

Il giardino delle lettere
un anno fa

Sono felice che ti sia piaciuto!